8.12.05

Esegesi di una compilation

Quando un giorno dovrò descrivere la mia giovinezza, che immagini userò? Quali parole abusate faranno eco sulle pareti della mia stanza? Parlerò di quando cantavo Let Down mentre tornavo a casa in macchina, nella notte più importante della mia vita? O dirò delle sere selvagge nell'appartamento di Via Belpoggio, a Trieste? No, forse questo no. Che insegnamento potrebbero trarre i miei figli da un padre che si dedicava ad atti di vandalismo gratuiti, ubriaco, nella stessa casa in cui abitava? Cosa potrebbero imparare da un genitore che tanti anni prima, ebbro di desiderio, non riusciva a distinguere il suo bisogno di tenerezza dalla sua fame di sesso?


Gli anni dal '96 al 2000 sono stati a tutti gli effetti quelli della mia giovinezza. A vent'anni infatti avevo trovato una ragazza, avevo la macchina, vivevo fuori casa e, risparmiando un po' sul cibo, riuscivo anche a pagarmi qualche svago. Come ad esempio il concerto dei Marlene Kuntz, la mia prima uscita insieme a lei, una sera che cambiò radicalmente la mia esistenza. Ricordo loro che suonavano e io che le sfioravo col mio corpo il maglione, poi il ritorno a casa con la mia mano sopra la sua, tenendo assieme la leva del cambio. Il bacio in macchina, quando ci siamo salutati. E io che riparto cantando Let Down...


Non avevo mai ascoltato troppo la musica italiana di allora. Ma quando lei mi aveva chiesto se mi piacevano i Marlene, avevo risposto subito: "si, non li conosco tantissimo ma quel poco che ho sentito di loro mi piace". In realtà avrei risposto lo stesso anche se avesse nominato Peppino di Capri o Tupac Shakur...
Da lì in poi, mi fece conoscere tutti i gruppi italiani che suonavano dalle nostre parti, all'epoca. I Massimo Volume, gli Ustmamò, i Disciplinatha, Umberto Palazzo, i Tre allegri Ragazzi Morti... E per la prima volta, quando entravo nelle discoteche rock tenendo di nascosto sotto la giacca una bottiglia di plastica con dentro un litro e mezzo di gin misto a pompelmo, mi sentivo davvero parte di qualcosa che stava succedendo intorno a me. Non osservavo e basta, esistevo anch'io.


Un anno, credo fosse il 1999, mentre studiavo all'università mi iscrissi a un corso per Dj organizzato da un ente di formazione locale. La mattina mi svegliavo alle 10 per andare alle lezioni, che si tenevano in due discoteche di Trieste, e imparavo a far suonare i vinili a tempo, ad avere una dizione perfetta, e altre cose del genere. A parte l'imbarazzo nelle prove da animatore (mai più!), verso la fine del corso ci fecero fare una registrazione che sarebbe andata a finire in un cd distribuito a tutte le radio. Ognuno doveva fare un intervento a scelta con una base musicale sotto. Chi puntava sulla simpatia, chi su un approccio da radio più "parlata". Io la mattina stessa buttai giù qualche appunto prima di andare al corso, e poi feci leggere ciò che avevo scritto al Dj che ci seguiva nelle registrazioni. C'era una presentazione classica, più noiosa, e la descrizione di una scena che mi era venuta in mente appena mi ero svegliato, mentre pensavo a cosa avrei potuto dire. Gli chiesi quale andasse bene, e scelse la seconda. Sulla base della versione strumentale di Broken heart degli Spiritualized, quel giorno, recitai con un po' di imbarazzo queste parole:

Un uomo, nel traffico, dentro una macchina, le luci della città.
Intorno a lui le identità si confondono.
E lui è solo un piccolo, minuscolo ingranaggio del tutto.
Non pensa a nulla, chiuso in una bolla di vetro.
Ad un tratto sente che la musica che viene dall'autoradio supera quella bolla, la oltrepassa, e comincia a pensare.
Lui la conosce quella canzone, era da allora che non la sentiva, e i ricordi si accavallano.
Quegli occhi, quella bocca, le mani che gli accarezzano la pelle.
Poi quel giorno, in cui è successo quello che non si sarebbe mai aspettato: l'addio.
Cosa avrebbe detto allora, a vedersi così, com'è adesso?
Si guarda le mani, guarda avanti, un brivido gli passa lungo la schiena.
Da quanto tempo neppure ci pensava, a quella cosa.
La canzone sta per finire e lui non si sente più forte, ma si sente meglio.
Non dimenticherà, almeno per oggi, quel momento, e non smetterà di pensarci ma
ora tutto è finito, lo speaker annuncia un'altra canzone, un'altra storia da raccontare...



Fu con un litigio ad un concerto dei Verdena che quel periodo giunse a conclusione. E allora conobbi veramente il modo in cui puoi perdere una persona che ami. Le gelosie inutili, il senso di possesso, le mille frustrazioni di un rapporto ormai incrinato, erano lo specchio di un malessere che non riuscivamo più ad arginare. Quello che un tempo ci aveva curato, si era ammalato dei nostri stessi difetti, delle nostre paure. L'amarezza che mi prese durante il capodanno del 2000, quando salutai il casellante in autostrada con un gentile "auguri di buon anno", mentre la riaccompagnavo a casa dopo che ci eravamo appena lasciati, è indescrivibile. Forse presagivo già questi anni bui, l'oscuro medioevo della mia vita che stava arrivando a fare giustizia di quegli anni vitali e selvaggi. Calava allora su di me il buio di una solitudine cercata, più che subita. Ci furono ancora, in seguito, periodi in cui il sole pareva splendere a picco sulla mia fronte, accecandomi. Ma erano solo apparizioni, oasi nel deserto, o felici rimembranze di un tempo ormai passato. Sull'alba della mia nuova vita, proprio come in questi giorni, splendeva solo un pallido, freddo sole invernale.
Ripensando a quegli anni, ho fatto un cd con le canzoni di allora che ho amato di più. In ognuna di esse oggi ritrovo esattamente ciò che avevo immaginato, quando recitavo delle parole solo in apparenza mie. Quando scrissi le sensazioni dell'uomo nella bolla di vetro, infatti, non potevo ancora conoscerle, se non forse da qualche frase letta sui libri, o sentita in un film. E solo ora mi rendo conto di quanto quelle parole fossero, profondamente, vere. Al posto dei titoli dei pezzi, scriverò le strofe che sento più mie, come tante ferite ormai rimarginate. Cicatrici di un tempo indimenticabile, forse l'unico periodo della mia vita che non vorrei rivivere, perché nulla di quel periodo cambierei da com'è stato. In fondo un corpo è abbastanza grande da contenerne a migliaia di cicatrici, piccole o grandi che siano, e questo pensiero basta da solo a farmi pensare che no, non è ancora finita...

#048 When we were young

01. sfiorarti come a caso con aria imbarazzata
02. mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata
03. ma la vita è un suicidio, l'amore un rogo
04. mi piacerebbe sai, sentirti piangere, anche una lacrima, per pochi attimi
05. il pazzo sono io, che parlo ancora di te
06. lascerò che tutto sia sospeso, fino a quando non ci rivedremo
07. ma quando io ti guardo, tutto quanto cambia
08. parola seria ma non troppo è Io
09. conoscere tutto di te, a cosa serve...
10. descrivere è impossibile, bisogna immaginare...
11. mamma chiama i bambini per farmi giocare con loro sul mare, ma riesco a fuggire
12. io non c'entro è dentro di te, con questo non c'entro è dentro di te
13. nessuno è come me, nessuno mai nessuno...
14. quasi quasi ti ho tradito e mi sono divertito
15. anche per quest'anno rinuncio al suicidio
16. sai di te cos'è che poi perderai?
17. e ormai nel tuo cuore è buio pesto
18. cercami di più e poi vedremo se in due c'è più tempo per ridere o per piangere
19. io amo lei, non gli altri uomini che ha avuto
20. è tutto quello che io ho e non è ancora finita...

9 commenti:

Anonimo ha detto...

perche' mai nulla sara'un'emozione da poco.
grazie mi hai commossa

Anonimo ha detto...

tutto questo mi riporta molto, almeno musicalmente, ma non solo in realtà, anche a quella fine di secolo, a quei miei anni di post adolescenza..
grande Alessio.
***

serenella

Il_Marchese ha detto...

Quoto serenella.
Quei gruppi, quel gin di nascosto, l'amore a vent'anni e anche il capodanno del duemila.
E la fine di tutto, così vicina.
Grazie, alessio.

Anonimo ha detto...

che male che fa leggere questo post e voltarsi indietro a guardare il passato, poco importa se remoto o prossimo....
impossibile non identificarsi nelle frasi estratte per la compilation. impossibile non far scendere una lacrima.
anche io spesso dico che nessuno è come me, mai nessuno.
poi però leggo questo post e penso che forse non sono sola, qualcuno simile a me forse da qualche parte c'è.
grazie.

Anonimo ha detto...

ho gli occhi lucidi e ad un certo punto non riuscivo più a leggere.
poi è successo un fatto strano: mentre leggevo di te che, imbarazzato, recitavi la presentazione su Broken Heart,ho avuto la sensazione di essere accarezzata sulla testa da qualcuno...
è questo l'effetto che provocano i tuoi scritti, alessio.trasmettono quel senso di sicurezza che solo il sapere che non si è soli può dare...
***li

pingu ha detto...

grazie, li.
però a te non piace essere accarezzata sui capelli! :)
scherzo, credo di aver capito cosa intendi. a volte questa cosa più che una virtù la sento come un limite, più che una forza la sento come una debolezza. d'altra parte ho smesso da tempo di chiedermi se ho qualcosa di sbagliato oppure no. infatti ho sicuramente qualcosa di sbagliato... che poi da ciò che abbiamo di sbagliato in noi possano nascere un sacco di cose belle, ne sono altrettanto convinto.

Anonimo ha detto...

sono maledettamente giovane. gli anni tra il 96 e il 2000 sono quasi prepuberali per me (avevo 17 anni nel 2000). ma qualcosa ho fatto in tempo a sentire anche io. ho fatto quasi in tempo ad innamorarmi. e se non è successo in quegli anni li' è successo poco dopo. insomma quelle canzoni sono anche mie. :) mi fa piacere averti ritrovato da queste parti.

Anonimo ha detto...

ah..da che film sono tratte le immagini?

pingu ha detto...

taxi driver, quando lui la porta al cinema per il loro primo appuntamento serale... era il mio eroe, a quei tempi :)