10.11.05

Tre fatti apparentemente slegati

Pochi giorni fa ho visto Elizabethtown al cinema, e quando alla fine si sono accese le luci della sala e la gente ha cominciato frettolosamente a sfollare, sono rimasto seduto un po' di più del solito. Per me l'uscita dalla sala è come una specie di anticamera tra il sogno e la realtà, certe cose non me le ricorderò più così bene e allora cerco di fermare nella memoria quello che mi ha colpito, come se volessi farlo mio, perché abbia un qualche valore nelle mie esperienze personali. E questa identificazione a volte nasce spontanea, a volte richiede qualche artificio in più. Quando ho visto Spiderman 2, ad esempio, è scattata subito. I suoi poteri erano le mie potenzialità inespresse, la sua timidezza era la mia indecisione. Per Batman Begins, un altro esempio a caso, ciò non è avvenuto. Lui era buono, ma era un uomo solo. Tutti buoni motivi per ricordare molto di più Spiderman, anche se alla fine non è che come film fosse tanto superiore all'altro.
Nel caso di Elizabethtown, pur avendo parecchie cose in comune con il protagonista, non è che poi ne sia rimasto tanto colpito. Desideravo essere sì come lui, che incontra una persona meravigliosa così per caso, però sentivo che avevo più cose in comune con lei, e tra i due quella a cui sentivo più di assomigliare era lei. Non so, in passato ho sempre preferito essere io a consolare un'altra persona in un momento di difficoltà. Ho sempre fatto di tutto per cercare di fare cose indimenticabili, per riempire i vuoti delle persone a cui tenevo. Vedere lei così insistente, in quel modo buffo e un po' impacciato, mi ha ricordato tante esperienze che ho vissuto. Numeri di cellulare scritti su bigliettini, addormentarsi mentre parli al telefono con qualcuno sdraiato sul letto, quando non riesci a mettere giù ma neanche a parlare, tanto hai sonno. E poi il quaderno con i fogli pieni di appunti, foto, citazioni. Le compilation da ascoltare in macchina... Sono solo un gioco per farsi conoscere, è vero, ma a volte sono un gioco particolarmente serio, se senti che la persona a cui le indirizzi potrebbe essere davvero quella che cerchi.
Ecco, in quei 5 minuti di anticamera, alla fine del film, ho pensato che ero sempre stato più simile a lei, nella mia vita, ma che avrei voluto essere lui, una volta tanto. Cercato e desiderato da una persona che sia in grado di sorprendermi ad ogni passo. Che sia capace di farmi passare il muso con un gesto tanto dolce quanto disarmante. Che mi faccia ridere, come una bambina giocherellona, ma che non si senta in imbarazzo a mostrarsi triste o scontrosa. Che mi dia la sicurezza di essere importante. Che mi faccia sentire a casa, dovunque siamo. Una persona come me. Una persona che forse non esiste.


Oggi mi sono svegliato presto, mi sono lavato, mi sono vestito bene e sono uscito di casa prima di mezzogiorno, cosa piuttosto rara, perché volevo passare da un'agenzia interinale che, dalle cose che avevo sentito in passato, sembrava abbastanza adatta al tipo di lavoro che sto cercando. Non sono mai andato in un'agenzia interinale, un po' per sfiducia e un po' per pigrizia, ma se dovevo cominciare da una sapevo che sarebbe stata questa. Non c'era parcheggio lì vicino, ma dopo qualche giro dell'isolato ce l'ho fatta. Il numero civico non me lo ricordavo, la via era piccola e non sarebbe stato un problema trovarla.
Con il mio curriculum nella sua elegante cartellina marrone e con la mia giacca di velluto nera, cammino lungo la strada una prima volta, ma non c'è nessuna vetrina che sembri quella di un'agenzia interinale. Torno indietro controllando tutti i campanelli, ma niente, non c'è proprio traccia di un'agenzia interinale. A quel punto, sconsolato, prendo la macchina e torno a casa, apro il computer, cerco di nuovo l'indirizzo e mi appunto il numero, il 28. Riprendo la macchina, torno in centro, cerco parcheggio. Lo trovo nella stessa zona di prima, ripercorro a piedi tutta la via e mi trovo davanti al numero civico 28: Agenzia Immobiliare. Oh, cazzo, l'avranno spostata di sede, penso. Torno a casa, riapro il pc, vado non sul sito dove avevo letto quell'indirizzo, ma sul sito delle Pagine Bianche, faccio una ricerca del nome dell'agenzia nella provincia di Udine, e niente. Vedo per sicurezza a Pordenone, a Gorizia, a Trieste, e c'è. Solo quella di Udine è scomparsa, volatilizzata, sparita. Non ha cambiato sede, semplicemente non esiste più. Un ennesimo segno che mi indica che non devo trovare lavoro, che non è quella la mia strada. Diamine, e adesso?


Adesso è già quasi mezzogiorno e mezzo, e devo andare a prendere mia nipote a scuola, perché mia sorella ha un impegno con Davide, l'altro mio nipotino. Prendo la macchina, passo dall'edicola a comprare il giornale e mi avvio verso la scuola elementare Ippolito Nievo. La mia vecchia scuola elementare. Sono in anticipo, e mi metto distrattamente a leggere il giornale, mentre le mamme e i papà arrivano uno dopo l'altro, e si mettono a chiacchierare tra loro.
Ho due ricordi legati a quella scuola. Il primo è quello dell'albero col formicaio. Durante la ricreazione, spesso giocavo con i miei amici a nascondino, e uno dei posti più comodi che avevo individuato per nascondermi era dietro il grande albero, nell'angolo opposto a quello dove si faceva la conta. Uno per scoprirti doveva venire proprio fin lì, così poi bastava fare una gara di corsa e cercare di toccare il muro per primo. A volte quindi chi doveva trovare gli altri rinunciava all'albero, soprattutto se non era tanto veloce, e controllava prima altri posti dove magari era più facile vedere qualcuno da lontano. Così potevo restare dietro l'albero per minuti interi, senza che nessuno venisse a cercarmi. Arrivata la primavera, però, ogni volta che tornavo in classe avevo un tremendo prurito sulla schiena, e non capivo proprio cosa fosse. Grattavo, grattavo, e alla fine spariva da solo. Dopo qualche giorno, mi accorsi che dietro a quell'albero c'era un formicaio, e quel prurito era dovuto a delle maledette formiche rosse che mi salivano addosso e mi pungevano sulla schiena. Odiavo gli insetti, e soprattutto le formiche rosse, e quella scoperta bastò a convincermi a non tornare mai più a nascondermi là dietro. Accettai qualche penitenza in più, ma ne valeva la pena.
Il secondo ricordo, invece, è di quando persi il mio Calimero, trovato per caso in un uovo di Pasqua. Un delizioso, piccolo pupazzetto di plastica di Calimero, triste e indifeso pulcino nero diverso dagli altri che poi diventava uno splendido cigno. Ero molto affezionato al mio Calimero di plastica, sarò stato in prima o seconda elementare, e mentre ci giocavo durante la ricreazione, non ricordo più come andarono esattamente le cose, lo persi dentro a un cespuglio, credo fosse un'edera, ma un'edera che non tagliavano da mesi, forse anni, perché se ci penso la rivedo tutta aggrovigliata, quasi una foresta fatta di edera. Dovettero trascinarmi in classe con la forza, quel giorno, e poi lo ricercai ancora all'uscita, ma niente. Calimero non saltò più fuori da lì, e piano piano smisi di cercarlo, non aveva più senso ormai. Chissà dov'era finito, magari tra le grinfie di qualche topo, o rubato da qualche compagno fortunato che l'aveva trovato per caso. Ma la versione più probabile, che si faceva strada in me col tempo, era che fosse rimasto per sempre avviluppato dai rami malefici di quell'edera, per anni e anni. Prigioniero di quel groviglio di rami, foglie e insetti. Quando tornai, più di vent'anni dopo, in quel cortile, la prima cosa che notai fu che quell'edera non c'era più. Calimero era finito forse in una discarica, o nelle mani di qualche operatore ecologico. Ma ora avevo davvero la certezza che non l'avrei più ritrovato lì. Ieri poi, mentre aspettavo la piccola Francesca, mi sono accorto che anche l'albero delle formiche rosse era scomparso, per far posto ad altri alberi più giovani e più belli. Quando lei è uscita e si è messa a correre verso di me con la sua cartella sulla schiena per abbracciarmi, ho immaginato un giorno futuro in cui una bambina come lei mi saluterà dicendomi "papà!" invece di "ale!". A volte l'oggi sembra immobile, e il domani appare tanto lontano. In certi momenti invece, sembra già di viverlo, quel domani, e il passato sembra così distante...

9 commenti:

Il_Marchese ha detto...

Ritardatario...
Ma felicissimo di rileggerti.
Bentornato.

Anonimo ha detto...

Adorabile post.

Anonimo ha detto...

born to be adored...

Anonimo ha detto...

(a parte la mia passione smodata per Kirsten Durnst) i ricordi della mia scuola elementare sono legati ad un banano un po' marcio, piantato nel cortile, e ad alcune penne profumate rubate con molta astuzia...

Anonimo ha detto...

la mia scuola elemetare e' stata trasformata in un centro anziani, sala per le elezioni o non so che altro...
ho avuto sempre la stessa maestra per tutti i 5 anni(non l'orrore dei moduli), giocavamo a nascondino e gli alberi, nascondigli perfetti per giochi, confessioni e per il favoloso mercato delle figurine
calimero...adoravo affondare le mie mani nel fustino del detersivo alla ricerca spasmodica di un tesoro dal valore inestimabile ...il mio cuore sussultava per l'emozione e la gioia mentre con le dita appiccicose mi compiacevo del fruttuoso bottino.

grazie per aver risvegliato alcuni ricordi, belli come la scuola, meno piacevoli come il lavoro e le ag.interinali e ....

...desiderato da una persona che sia in grado di sorprendermi ad ogni passo. Che sia capace di farmi passare il muso con un gesto tanto dolce quanto disarmante. Che mi faccia ridere, come una bambina giocherellona, ma che non si senta in imbarazzo a mostrarsi triste o scontrosa. Che mi dia la sicurezza di essere importante. Che mi faccia sentire a casa, dovunque siamo. Una persona come me. Una persona che forse non esiste...

Anonimo ha detto...

Molto bello.

Anonimo ha detto...

fantastico. e adesso tutti a tuffarci nell'amarcord.
(sei tu il pingu du slsk? ho preso "love will tear us apart" e la copertina con immagini da blankets è un tocco di gran classe. grazie.)

Anonimo ha detto...

ho usato molto spesso immagini dal tuo blog
scusa
e grazie

pingu ha detto...

:)